3. Capacità a succedere e indegnità

Capacità di succedere e indegnità

Per poter ricevere un’eredità basta essere viventi o anche solo nascituri concepiti al tempo di apertura della successione (sono considerati “concepiti”coloro che nascono entro i 300 giorni dalla morte del de cuius, ma la partecipazione alla successione è comunque subordinata all’evento della nascita); altresì possono succedere le persone giuridiche, anche se enti non riconosciuti, sia che esistano, sia che debbano essere costituiti secondo le modalità indicate dal testatore.

Alcuni soggetti tuttavia perdono la capacità di succedere, quando sono ritenute indegne dalla legge, ossia immeritevoli di fruire dei benefici dell’eredità, per aver commesso atti particolarmente gravi nei confronti del defunto o dei suoi congiunti. Quindi risulta indegno a succedere:

– chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere il de cuius o i suoi congiunti e la sua punibilità non sia stata esclusa dalla legge penale;

– chi ha commesso sempre ai danni di tali persone un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio;

– chi ha calunniosamente denunciato una di tali persone o falsamente testimoniato contro di esse, purché si tratti di condotte accertate in un giudizio penale;

– chi ha forzato con violenza o dolo la volontà testamentaria o ha distrutto, falsificato, alterato od occultato il testamento.

Il testatore può “riabilitare” l’indegno a succedere,  a tal fine manifestando la sua volontà in due modi: espressamente con atto pubblico o nel testamento, oppure tacitamente indicando sempre nel testamento il nome di quella persona quale erede, pur conoscendo la causa d’indegnità.

 

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